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Immagine del redattoreGiacomo Assandri

Abruzzo, viaggio nel cuore d'Italia

Aggiornamento: 5 ago 2020



Visitare le montagne dell'Abruzzo trasmette un senso di tranquillità e libertà. Camminando lungo i sentieri dei grandi parchi nazionali di questa regione è possibile immergersi in un mondo dove esiste ancora un equilibrio tra una natura pressoché indisturbata e un paesaggio cesellato da millenni di attività umane poco impattanti. Ancora adesso, incredibilmente, l'agricoltura e, soprattutto, la zootecnia, per quanto diffuse, hanno un limitato impatto sulla biodiversità ed anzi, in molti casi, la favoriscono, permettendo a un colorato mondo di farmland species di prosperare, caso ormai raro a livello europeo.


L'Abruzzo è poi anche un mondo di montagne imponenti e selvagge. All'ombra del Corno Grande (2912 m, la vetta più alta dell'Appennino) sopravvivono frammenti di habitat che paiono traslocati dalle nostre Alpi. La conferma di essere in un altro mondo si ha scendendo a Campo Imperatore: un'altopiano così, sulle Alpi, non esiste.


I paesaggi aperti del Gran Sasso sono sostituiti nel parco d'Abruzzo da foreste estese su centinaia di chilometri quadrati, antiche e disabitate, se non da faggi secolari, intelaiatura di un ecosistema incredibilmente ricco e variegato.


Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga 25.06.2020 - 28.06.2020

L'Abruzzo ci ha accolti così: un cielo minaccioso, qualche sprazzo di sole, pascoli cespugliati a perdita d'occhio, e un coro assordante di uccelli (dint. Vasto, verso Assergi).

Saltimpalo (Saxicola torquata)


Averla piccola (Lanius collurio), le aree pascolate estensivamente con cespugli spinosi, comunissime in Abruzzo, ospitano densità altissime di questa specie


Culbianco (Oenanthe oenanthe), abbondante lungo tutto l'Appenino abruzzese


Su una cengia rocciosa, faceva bella mostra di sé uno dei simboli zoologici indiscussi di questa regione, il Camoscio d'Abruzzo (Rupicapra pyrenaica). La sottospecie ornata è quella endemica dell'Appennino centrale.

E, poco distante, un grosso toro...



Il giorno seguente ci siamo definitivamente resi conto che queste zone montuose sono il luogo ideale di un'agricoltura estensiva, che ha preservato in gran parte il legame antico fra specie delle aree aperte e pratiche colturali tradizionali.

Piana del Lago di Filetto


In questi luoghi i campi sono ancora pieni di fiori selvatici e insetti, che sono alla base di una complessa rete trofica. Tra i fiori, le orchidee spiccano per bellezza e fascino.

Anacamptis coriophora


Himanthoglossum adriaticum, se non esistesse, uno non ci potrebbe credere!


Ophrys holosericea


Dachtylorhiza viridae


Ophris apifera


Anacamptis pyramidalis con Zygaena rubicundus


Polyammatus cfr dorilas


Coenonympha glicerion e Lycaena hippothoe ssp. italica


Gli ascalafi sono singolari neurotteri tipici degli ambienti caldi e assolati. Qui Libelloides longicornis e...

... Libelloides lacteus


Passera lagia (Petronia petronia), specie tipica delle praterie rocciose.


Salendo di quota raggiungiamo Campo imperatore. Lo spettacolo di questo altopiano vastissimo, totalmente privo di vegetazione arborea, e pascolato da grandi mandrie, è impattante e magnifico.

Il pastore abruzzese è la più efficace forma di convivenza che l'uomo sia riuscito a trovare con il Lupo, che da queste montagne non si è mai estinto ed è oggi abbondante.


Il Corno Grande è avvolto dalle nebbie, saliamo quindi sul Monte Aquila. La roccia dolomitica chiara e la vegetazione nel pieno della fioritura fanno da cornice alla nostra passeggiata.

Doronicum columnae



La fauna e la flora hanno una netta impronta alpina e criofila, ma di fianco a specie ad ampia diffusione, si trovano, almeno tra le piante, anche alcuni endemismi appenninici.

Fringuello alpino (Montifringilla nivalis)


Androsace villosa


Cynoglossum magellense


Il giorno seguente è la volta di una camminata che ricorderò a lungo: da Santo Stefano di Sessanio a Rocca Calascio, immersi in una prateria secondaria xerofila dominata da una graminacea rara in altre parti d'Italia, la Stipa, conosciuta comunemente come lino delle fate...Mai nome fu più azzeccato: guardandola controluce l'effetto è davvero magico!

Il fondovalle anche qui è coltivato in maniera tradizionale e vien da chiedersi quanto potranno mai produrre questi campi, invasi da colorate infestanti. Quel che è certo è che producono molto in termini di biodiversità e bellezza, e questo è impagabile.

Calandro (Anthus campestris) nella prateria a Stipa, abbondantissimo in quest'area.


Digitalis lutea


Lycaena alciphron


Rocca Calascio, posta in una posizione di vantaggio che domina tutta la valle, oltre alla suggestione paesaggistica che regala, è frequentata da alcune interessanti specie rupicole.


Zigolo muciatto (Emberiza cia)

Codirossone (Monticola saxatilis)


L'Abruzzo è anche una terra di acque cristalline, che sono alla base di ricchi ecosistemi acquatici.

Fiume Tirino


Calopteryx virgo meridionalis



Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio & Molise 29.06.2020 - 02.07.2020

Così come il Gran Sasso è il mondo delle praterie, il Parco Nazione d'Abruzzo è il mondo delle foreste. Estesissime e secolari, tramandatesi a noi fino a oggi intatte grazie a un lungimirante e -allora anacronistica- iniziativa di Erminio Sipari, che nel 1923 riusci a trasformare una reale tenuta di caccia nel secondo Parco Nazionale Italiano.

Provenendo dal Gran Sasso, stupisce come spostandosi di così pochi chilometri il paesaggio muti profondamente, pur rimanendo magnifico.

Il Lago di Barrea, con Rondoni (Apus apus)


Come tutte le foreste naturali indisturbate, le faggete del Parco Nazionale sono la cornice naturale di una lussureggiante biodiversità

Il monumentale Faggio del Pontone è il re incontrastato di questi boschi


Una delle specie più caratteristiche che si può osservare in queste faggete è il Picchio di Lilford (Picoides leucotos lilifordi), che in Italia presenta un areale circoscritto alle foreste dell'Appennino centrale tra Lazio, Abruzzo e Molise. Questa specie ha delle esigenze molto particolari, come è chiaro dall'immagine qui sotto...

Questo picchio infatti, almeno in Italia, si trova solo in foreste di faggio vetuste con grande abbondanza di alberi morti in piedi, che predilige per la ricerca delle prede e lo scavo del nido. In una fortunata mattina nei dintorni di Pescasseroli, ne abbiamo osservati ben cinque.

Faggio morto e lasciato in piedi, ideale per il Picchio dalmatino


Le faggete non sono solo l'habitat di specie rare e carismatiche, ma ospitano anche un ricchissimo network di invertebrati xilofagi e piante nemorali.

Il coleottero lucanide Sinodendron cylindricum


Cephalantera rubra


Epipactis microphylla



Se le foreste sono la più grande ricchezza del parco, anche le aree aperte e le zone umide non mancano

Piana di Opi


La torbiera appenninica di Lago Vivo, che abbiamo avuto modo di visitare durante un massiccio sfarfallamento di Sympetrum flaveolum.


Le acque cristalline del Lago di S. Domenico


E un ultimo sguardo sul borgo di Barrea, con la speranza di farvi ritorno presto.


[Le foto sono le mie e di Gaia]





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